domenica 22 febbraio 2009

Staccare la spina dopo il traguardo

Speriamo che quest'anno vada meglio il viaggio, rispetto all'anno scorso. Peio è il primo giro di boa dell'anno da quattro anni, un momento di bilancio, riflessione e soprattutto ricarica delle pile. Quest'anno poi è l'anno del Cambiamento (entro aprile potrò dire cosa mi succede!). Sono un po' meno stanco degli altri anni, ma pieno di pensieri su 15 anni di passato e su un futuro diverso che finalmente intravedo. Vediamo se riesco a staccare la spina davvero, e dedicarmi solo a famiglia, montagna, cibo, benessere, serenità. Senza incidenti e problemi tecnici so che ce la posso fare. I can be happy, for more than one day. Ho le mie buone ragioni, o almeno: adesso so riconoscerle, so di averle, le vedo (qualche tempo fa no: ero mentalmente astigmatico).

venerdì 20 febbraio 2009

We can be heroes

F. fa l'architetto a Istanbul. S. fa la libraia ad Amsterdam, A. in Germania, C. è andata in America, A. insegna italiano in Brasile, M. emigra in Svizzera, strapagato. A Londra G. pratica shiatsu, S. fa il broker, A. ha aperto un ristorante italiano, M. fa il ricercatore, R. suona musica sperimentale. Sono tutte persone che conosco, che ho sentito/visto recentemente. Fuggi-fuggi sempre più diffuso. Ma chi è più coraggioso: chi rimane a masticare veleno e rabbia e sbattere la testa contro il muro dell'Italiano Medio, questo mutante furbo e simpatico imbevuto di valori S (Soldi, Sesso, Stronzismo), o chi si trasferisce in un qualunque altrove, tanto ovunque si sta meglio che qui, tranne che per il clima?
Se non si hanno legami, è meglio andarsene, secondo me. Si è più apprezzati, e si vive meglio. Sto già facendo opera di persuasione sui miei figli, però a volte mi chiedo se non sia più eroico rimanere in questi posti davanti al mare a sentirsi però sempre più in minoranza, silenziosa e triste. Perchè quelli che non hanno la tua sensibilità e la tua visione delle cose ti linciano moralmente, se provi a uscire dal coro. Così, anzichè vivere resistendo, giocando e lottando, muori lentamente rassegnato e rassegnando le dimissioni da te stesso.
Scappate, figli miei. Magari non in Alaska, come in Into the wild, però andate, chè è meglio. Io non mi offendo. You can be heroes, for more than one day.

giovedì 19 febbraio 2009

Far qualcosa che serva

Afterhours : Il paese è reale

dici sempre le preghiere
conti sempre fino a dieci
preghi ancora che non tocchi a te decidere
piangi fermo in tangenziale
inseguivi una cazzata
era splendida e dorata
fresca e avvelenata
ma il paese sa affondare
tutto intorno a te a ballare
bestemmiando disprezzare e riderci un po’ su
e tu vuoi far qualcosa che serva
e farlo prima che il tuo amore si perda
non ti accorgi che se lo vuoi tu
quel che valeva poi non vale più
se ti han detto resta a casa vola basso non scocciare
se disprezzi puoi comprare
se vale tutto niente vale
se non sai più se sei un uomo
se hai paura di sbagliare
se hai solo voglia di pensare che fra poco è primavera
adesso fa qualcosa che serva
che è anche per te se il tuo paese è una merda
c’è una strada in mezzo al niente
piena e vuota della gente
e non porta fino a casa se non ci vai tu
io voglio far qualcosa che serva
fammi far solo una cosa che serva
dir la verità è un atto d’amore
fatto per la nostra rabbia che muore
Un Grazie di cuore a Manuel degli Afterhours che ha fatto risuonare queste parole (e la loro musica) durante il Festival di Sanremo 2009. Il pezzo non era niente male, ma soprattutto apprezzo che abbia trovato le parole per le sensazioni che provo in questi giorni di scoramento politico/sociale (la sconfitta di Soru, le dimissioni di Veltroni, il consenso a B., il razzismo dilagante) ma anche di rinascita e cambiamento professionale/personale.
E fra poco è primavera.

mercoledì 18 febbraio 2009

"Ci vuole un multiforme ingegno"

A pag. 81 di questa bella rivista (che consiglio a tutti) in edicola in questi giorni c'è il mio cd, "consigliato da Diario", con la seguente recensione di Danilo Di Termini:
Un percorso come tanti altri: prima band a diciott'anni, nel 1982, i Crapping Dogs, punk-rock genovese, poi una miriade di gruppi e un cd solista nel 2001. Nel frattempo il lavoro in libreria, perchè non se ne può fare a meno (contribuendo a Il fu mattia bazar, un compendio di strafalcioni detti e ascoltati nei negozi di libri di tutta Italia), la famiglia, il sogno di un disco con le poesie di Cesare Pavese, a dimostrazione che ci vuole un multiforme ingegno per districarsi nella banale quotidianità della vita. Infine arriva l'autorizzazione ufficiale dall'Einaudi per l'utilizzo dei versi che diventano sette canzoni, suonate (chtarre, tastiere e ritmica) e cantate in solitudine (salvo "Last blues" con Michele Ferrari al dobro e la voce di Francesca Pongiluppi e "Come uno che si lasci cadere" con Andrea Frascolla alla Stratocaster). Il rischio era grande: rimanere schiacciato dai versi dello scrittore o stoltamente annacquarli. Invece fin dalla chitarra che introduce "Tu sei come una terra" la sintesi funziona: originale, con echi riconoscibili (i Cure su tutti), ma sorprendenti,e, considerati i testi, paradossalmente vitale. Sul suo blog ha scritto che non appenderà mai la batteria e la chitarra al chiodo: un bel modo di resistere a questi tempi bui.

Son soddisfazioni.

lunedì 16 febbraio 2009

La felicità non è reale se non è condivisa

-Dove vai?
-In Alaska!

La vita, il suo orizzonte, non finisce mai, neanche a 45 anni.
Tutto può ancora cambiare, se non addirittura migliorare.
L'importante è non rinunciare MAI a questo pensiero, questa intenzione.
Un misto di orgoglio, malinconia e leggerezza: sembra quasi felicità.
Sono un ragazzo fortunato :-)

domenica 15 febbraio 2009

Il concerto al Lucrezia


A causa del black-out incorso alla linea internet dopo il temporale di venerdì scorso non ho postato un resoconto della serata al Lucrezia, lo faccio oggi, meglio tardi che mai.
Serata iniziata nel peggiore dei modi: un temporale bestiale, tra le 20 e le 22. Così imparo a fare una versione acustica di Here comes the rain again degli Eurythmics (della serie "chiamarsela addosso"). Temevamo il vuoto nel locale, invece è venuta un bel po' di gente, dopo l'acquazzone. Tra gli astanti non posso non citare (e ringraziare per essere usciti di casa), oltre a Luana e Cristina (le mogli!): Fritz (zuppo dalla testa ai piedi), Andy (che sembrava uscito da una copertina degli Specials: elegantissimo!), Mario "Journey" e consorte, Claudio e la zia Marta, Sandro Ramone , Roberto delle Trois Tetons, e chi misonodimenticatochi (sorry). La scaletta ha incluso l'intero disco "Last blues" + un inedito pavesiano (Soli e vivi) + la funesta succitata cover + l'attesissima cover di Surrender dei Cheap Trick, canzone che "dovevo" al manager della serata, il piccolo-grande Simo Maffo. Prima di me e Andrea mi sono piaciuti gli Ophelian Vendetta, che nel loro myspace sembravano molto più truci e cupi (sia come persone che come musicisti): penso che seguirò le loro gesta, sono ancora molto giovani ma hanno delle idee e degli spunti musicali molto interessanti.
Bilancio positivo quindi, a parte l'acquazzone: non penso proprio che sia stato il mio ultimo concerto, ne sono uscito confortato e divertito. Una menzione alla bellezza del locale e alla gentilezza del gestore Massimo. Pensare che fu proprio lì che conobbi Andrea (il mio compare chitarrista) vent'anni fa, dopo un concerto dei Tupelo Twins: è stato emozionante tornarci e ritrovarsi discretamente in forma, still rocking after all these years :-)
Allora: a quando la prossima suonata?

Eddie Vedder - Society

E' un mistero per me
Abbiamo un'avidità, ma che abbiamo accettato
Pensi di dover volere più di quello di cui hai bisogno
Finchè non hai tutto non sarai libero
Società, sei una razza folle
Spero che tu non sia sola, senza di me

Quando vuoi più di quello che hai, pensi di avere bisogno
Quando pensi più di quello che vuoi, i tuoi pensieri cominciano a svuotarsi
Penso di dover trovare un posto più grande
Perchè quando hai più di quello che pensi, hai bisogno di più spazio

Società, sei una razza folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Società, davvero folle
Spero che tu non sia sola, senza di me

Ci sono quelli che pensano, più o meno, meno è di più
Ma se meno è di più, come fai a tenere il punteggio?
Significa che per ogni punto che fai scendi di livello
E' un po' come cominciare dalla cima
E non puoi farlo

Società, sei una razza folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Società, davvero folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Società, abbi pietà di me
Spero che tu non ti arrabbi, se non sono d'accordo
Società, davvero folle
Spero che tu non sia sola
Senza di me...

sabato 14 febbraio 2009

Radiohead - No Surprises

Sono stato così per anni. Fra due mesi invece mi sorprenderò a sorprendermi ;-)

Onicofagia
























Come sanno i miei famigliari, ho cominciato a mangiarmi le unghie quando è nato mè fradè, il leggendario (per i miei figli) Zioluca (il piccolo Matteo: "Papà, da grande voglio essere come Zioluca: single, con gli addominali, la macchina scapottata, però coi capelli"). Che stupida cosa, la gelosia in genere. Mio fratello poi non era affatto antipatico o invadente, anzi: sempre stato discreto e propenso alla riservatezza in tutti i campi. Però, tant'è, da allora non ho mai avuto unghie. Nè per "graffiare", nè per "arrampicarmi sugli specchi", nè per "grattare le superfici". Le mani sono un piccolo specchio della personalità e della vita, dicono: le mie sono sempre state un po' "tormentate", guarda caso. In ferie e nei momenti sereni mica me le torturo, le dita. Quando avrò delle mani guardabili, ecco, allora vorrà dire che sono felice.

venerdì 13 febbraio 2009


Continua la morìa di eroi del rock'n'roll. Il 6 gennaio è mancato Ron Asheton, il chitarrista degli Stooges di Iggy Pop. I suoi riff rimarranno impressi nella storia, nella mente e oserei dire nell'anima di ogni appassionato di musica rock che si rispetti. Personalmente ho consumato i primi due dischi degli Stooges, che avevo scoperto grazie ai Sex Pistols, che avevano coverizzato No fun in un 45 giri che avevo da ragazzino. Una band che ha avuto un'importanza e un'influenza enorme sulla musica rock. RIP Ron, salutaci Lux Interior.

giovedì 12 febbraio 2009

Fuori dalla rete

E' dalla notte del concerto al Lucrezia che sono senza linea telefonica e internet, sono disperato. Non ho potuto quindi ancora raccontare nè navigare nè commentare altrove questo pazzesco mese di febbraio. Eh già: come avevano predetto gli oroscopi all'inizio, questo per me è un anno di Cambiamento. Appena mi ricollegano alla rete vi spiego come e perchè. A presto.

lunedì 9 febbraio 2009

Messaggi subliminali
















Rendersi conto che hai ancora sul balcone le luminarie delle feste di fine anno. Tua moglie che tiene sul comodino in bella evidenza il libro "Ho sposato un deficiente". Il telefono e la internet fuori uso dopo il temporale del venerdì scorso. Un tuo amico col femore rotto all'ospedale, che poveraccio non riesce neanche a sorridere quando lo vai a trovare (neanche se gli regali un gran libro). Buttare la spazzatura, vedere un sacchetto della ditta in cui lavori, curiosarci dentro, e trovarci tre stronzi di cane...
Insomma, uno, con tutti questi messaggi neanche tanto subliminali, comincia a pensare che forse è ora di cambiare, se non proprio di migliorare, la propria vita ;-)


sabato 7 febbraio 2009

Sinistra Ikea

La Sinistra in Italia è come i mobili Ikea, devi costruirtela da solo, ma senza le istruzioni (Andrea Rivera). Bisogna averne il tempo, la voglia, l'energia, e la passione. Per il fai-da-te, e il bricolage. Hobbies che non ho mai frequentato, se non costretto dalle circostanze. Ma di questi tempi, forse, si è costretti dalle circostanze. O no? O chissenefregaballiamosullorlodeldirupotantononpatiamopiùniente? Mah, vedremo.

venerdì 6 febbraio 2009

The Cramps - The Way I Walk (live at Napa State Hospital, 1978)

Voglio commemorare Lux Interior, mancato (scoppiato?) recentemente. Era un mito del rock'n'roll più selvaggio e depravato ma con ironia e autoironia. Fantastico il video del concerto al manicomio (guardate il pubblico!).

mercoledì 4 febbraio 2009

No comment? Francesco??

Commenti disabilitati? Cambio di nome? Cosa diavolo succede, FZ? Something is happening here and you don't know what it is, do you, mister Zaio?
Sì, questo è un anno di Cambiamenti. Confesso che stavo per mettere in quarantena il blog, ossia non scriverci per un po', per dedicare più tempo alla vita vera vissuta, non a quella scritta o descritta in modo più o meno brillante. Poi ho trovato questa soluzione intermedia: posterò sempre qualcosa ma senza passare poi delle mezzore a navigare fra commentatori. Sarà una specie di bollettino, una fanzine, uno spazio personale individuale, per quanto pubblico. Pubblico e condivido la mia vita e i miei pensieri, ma senza feedback pubblici. Continuerò a visitare i blogger che mi stanno simpatici, ma il mio blog non sarà più interattivo per un bel po'. Spero che nessuno dei 100 visitatori giornalieri si offenda, in fin dei conti per comunicare c'è sempre la mail, e anche il telefono e l'incontro di persona.
Non ho cambiato nome: Francesco è il mio vero nome. I miei e tutti mi hanno sempre chiamato Franco per brevità. Chi non mi conosce mi chiama Francesco, che comunque è molto più bello di Franco, anche se non è anche un aggettivo. Chiamarmi Francesco è una specie di reset. Ne ho bisogno.

lunedì 2 febbraio 2009

Quando nevica a Genova

c'è una atmosfera davvero strana. Tutto si blocca, un po' impaurito, perplesso e goffo, o quantomeno si rallenta, e sono giustificati i ritardi e le assenze. Questa città non è abituata alla neve, alle difficoltà che comporta. La neve ha un effetto ipnotico e meditatorio, quasi filosofico: tutto assume un'altra dimensione, ci si rende conto di alcune belle cose che diamo per scontate (per esempio si riapprezza il clima che c'è "normalmente"), ci si chiude in casa a fare lavoretti rimandati, a leggere un libro, a guardare un film coi bambini, a ordinare le foto, cose così. E ci si chiede "Ma come fanno quelli che hanno la neve per dei mesi?". In questi posti in cui "dobbiamo" avere sempre la prospettiva/visuale del mare/infinito la neve ci costringe a guardare dentro: alle nostre case, e alle nostre vite. La neve, come fa col grano nei campi, ricopre i semi e i germogli di una possibile nuova stagione della nostra vita, o come minimo il ripetersi, se non il cambiamento, del ciclo delle stagioni. Sperando in un buon raccolto (sarebbe già tanto che ci fosse, un raccolto).