mercoledì 9 dicembre 2009

Il mio primo concerto

Maledetti, nessuno che ci volesse venire. Milano, febbraio 1980: i Ramones! Il gruppo che aveva cambiato la mia vita per sempre, un torrido pomeriggio, in cameretta al mare. Alla radio solo disco music (era il 1976), nelle stradine del residence i mangiadischi mandavano solo musichette adatte a quel ballo (molto sexy, a ripensarci) in cui ci si prendeva delicatamente a culate (un saltino, una culata, un saltino, una culata). Dopo essermi sorbito la tristissima If I can't have you, giro la manopola e una specie di tornado mi entra nelle orecchie. Era il primo singolo dei Ramones, annunciato da Roberto di Radio Giovane (che aveva anche un negozietto dove mi fiondai in autunno a comprare i primi 45 giri dei Clash, dei Jam, e il longplaying dei Ramones). Ricordo il ritorno dal negozio brandendo quel discone come un trofeo, su per viale Trento, correndo e urlando "Hey ho let's go" insieme al mio amico punkettaro Geppi. E poi a casa a sfondarmi le orecchie nella cuffia di similpelle nera. Raramente sono stato più felice di quel giorno.

Ma al liceo classico di Biella i Ramones non piacevano a nessuno, che io sapessi. Si baloccavano coi cantautori, i Genesis, i Deep Purple, i Led Zeppelin, i Pink Floyd, insomma quei pachidermi di cartapecora. I Ramones non sapevano suonare molto bene, ma il bello era quello: ti davano la sensazione che anche tu potevi mettere su un gruppo ed esprimere la rabbia, la noia, il divertimento, insomma il rock'n'roll che ti pulsava nelle vene. Il primo LP dei Ramones aveva la chitarra su una cassa e il basso sull'altra: praticamente un metodo per imparare a suonare! Centinaia di brufolosi kids in tutto il mondo hanno cominciato così a suonare punk rock. Pare che anche Sid Vicious abbia iniziato così.

Ma tutto questo non toccava i miei compagni di liceo. Anzi: li schifava un po'. "Non sanno suonare, è solo rumore, sono demenziali, ma vuoi mettere".

E allora mi ero lanciato: avevo espresso ai miei questo mio grande desiderio, e mi portarono! Non lo sapevano, ma avrebbero cambiato la mia vita per sempre, facendomi diventare qualcosa/qualcuno che non avevano programmato, loro malgrado.

Biglietto comprato dal mio cugino milanese boy-scout, che me lo consegnò come se fosse un pezzo di carta igienica usato, guardandomi come se fossi un tossicodipendente.

I miei mi lasciarono all'ingresso del palazzetto, preoccupati e commossi come se partissi per il militare.

Mi sentivo un po' fuori luogo, col mio burberry alla Colombo: avevano TUTTI il chiodo, gli altri kids, pieni di spille con nomi di gruppi, anche se la più diffusa era quella con la scritta stampatello nera su sfondo bianco “FUCK OFF”. Mi accomunava a quei ragazzi la passione musicale, la rabbia e l’angoscia esistenziale, ma non avevo ancora trovato il coraggio di fare outing coi vestiti.

Entrai nel buio e freddo palasport come dentro a una caverna dell’inferno. Gli UK Subs stavano terminando il loro set di spalla con uno strano frastuono: avvicinandomi vidi che era in corso una specie di baseball-rock dove le mazze erano le chitarre e le palle erano le lattine di birra! Uno spettacolo indimenticabile. Peccato perché gli UK Subs non erano niente male (Another kind of blues sopra tutti), ma quella sera i kids volevano solo i Ramones, niente da fare.

“Ci-ao, siamo i Ramones!” sulle note di Morricone, e ci fu l’Avvento, con un che di minaccioso e apocalittico. Guardai il concerto a bocca aperta, paralizzato immobile in mezzo a un fiume di pogo. I Ramones avevano appena pubblicato il loro disco meno convincente, End of the century, dove addirittura comparivano (scandalo!) dei violini. Ma dal vivo anche quelle canzoni finirono amalgamate in un torrente di distorsione e velocità, come in It’s alive.

I miei mi aspettarono fuori dal palasport, ero sotto shock e con le orecchie che ronzavano. Passammo a salutare zii cattolici e cugini scout. Ci scambiammo sguardi di compassione e disprezzo reciproco.
Tornando a casa, nella notte gelida e buia, mio padre mise su i Pink Floyd, per fare un po’ il moderno, dicendo ogni tanto “Questa sì che è musica”. Non aveva tutti i torti: quella dei Pink Floyd era musica, ma quella dei Ramones era vita. Anzi, la mia vita, come la musica dei Ramones: veloce, distorta, confusa, frustrata, "alternativa", grezza, goffa, tecnicamente povera, aspirante al divertimento, disperata, ma col senso dell'umorismo.

11 commenti:

brazzz ha detto...

bè..io ho qualche anno più di te , emi son fatto anche i concerti dei primi anni 70..diciamo dal 71 in avanti,da zappa in giù..però l'inizio dlla wave,che vissi dal 77 o 78..mi poertò a vedere cose uniche..l'emozione che hai descritto la provai nel vedere imtalking heads al palazzo a bologna nel 1980,o i devo, opere ubu.o tanti altri..periodo meraiglioso.. i fratellini ramone..e ricordo quella divisione fr noi fautori del nuovo e i pachidermi legati al rock degli anni precedenti..c'era davvero un muro..

Anonimo ha detto...

wow!

Lucien ha detto...

Bella storia. Mi piacciono i racconti di formazione.
Se poi c'è di mezzo la musica!

mirko72 ha detto...

Però i Pink Floyd fratturano un pò i coglioni...

4 dogs records ha detto...

Li vidi a Genova nel 1980 o '81 ma non erano i miei preferiti.
Tutt'altra cosa furono i DAMNED e lì veramente la mia vita cambiò.....

luca ha detto...

ti invidio da morire

leorso ha detto...

ROCKANDROLL
anch'io li ho visti a Genova come i Damned e mi ricordo che ero in mezzo anche a un bel rissone...
bei tempi

Licia Titania ha detto...

Bel post.

Sei riuscito a farmi riflettere sul perché anche a me (che ho gusti musicali per niente evoluti) i Ramones sono sempre piaciuti.

Anonimo ha detto...

Mi hai scritto quella volta, mi hai mandato l'articolo relativo al concerto, ricordo bene, benissimo "Ramones, happening fascista", e tu sulla foto del pubblico (una parte del pubblico) a braccia tese (sigh!) avevi scritto "bastardi, stronzi".
Ricordo. Non fosse altro che quel punkettaro di cui parli sono proprio io medesimo.
Hey Oh Let's Go, e viale Trento, in salita, verso casa tua.

Unknown ha detto...

Bellissimo post Franz, mi spiace proprio che la musica occupi nella mia vita un posto pari alla percentuale di malati di influenza A, tipo 0,008%. Mi sono perso tante emozioni ma mi rifaccio con le letture!

Anonimo ha detto...

ciao franco! e così mi hai fatto tornare a questo tuo post del 2009!... il tuo racconto mi ha emozionato tantissimo. ci sono passi di grande tenerezza e di grande poesia (e chiedo scusa se uso parole come queste in un punkissimo post sui ramones!) hai condiviso una gran bella pagina della tua vita, e spero che tu abbia detto ai tuoi quanto sia stata importante per te - per sempre - quella splendida serata!

continuo a leggerti con piacere, secondo me tutti i racconti su "come sei arrivato fin qui" dovresti riscriverli per un bel romanzo... prova a pensarci!

ah, il cd non mi è mai arrivato, ma non mi hai mai detto se lo hai mai spedito!

un caro abbraccio,
francesco (palermo)