giovedì 20 novembre 2014

Perchè (continuare a) fare musica



E' dal 1997 che me lo chiedo (da quando è nato il mio primo figlio, cosa che aveva assorbito molto tempo ed energia). E poi nel 97 feci quel capolavoro che è il disco dei Sybil. Cosa significa questo? Che anche nei momenti di fatica e stanchezza, vuoi per famiglia o lavoro o demotivazione, ho continuato a fare musica, nel senso di creare e registrare, per il gusto di farla. So che sembra autistico, solipsistico, elitario, isolazionista, ma la dimensione dal vivo è sempre stata l'ultima delle mie motivazioni. Suonare dal vivo, per un batterista poi, è spesso una faticaccia poco gratificante. E non parlo di soldi, figuriamoci. Parlo di divertimento, mio e del pubblico (spesso scarsissimo e poco interessato), di qualità della resa sonora, di soddisfazione. Tanto che più volte negli anni l'aspetto faticoso e poco gratificante ha soverchiato l'aspetto ludico e positivo. Ogni 5 anni arrivo al punto di non avere voglia di suonare dal vivo. Quest'anno mi è successo con gli Anais (coi Fenomeni probabilmente lo farò ancora, tanto sono sporadiche ed eccezionali le serate dal vivo, e con loro mi sempre divertito, finora).

Ieri ho "mollato" i miei Anais (miei nel senso che li ho messi insieme io e scrivo i pezzi originali). Per gli altri il concerto è l'obiettivo, la motivazione: io no, starei anche solo in sala prove e poi registrare.
Questo mio contorto modo di vivere la musica lascia perplessi quando non offesi i miei compagni di avventura. Ma non so cosa farci.
Tornerò a comporre e registrare tutto da solo, in cameretta e poi in studio, come per il disco su Pavese o quello sui Clash.
Spero solo di non perdere l'amicizia di Francesca, Andrea, Guido e Alessandro (ragazzi, vediamoci al pub, preferisco). E poi vedrete che fra qualche tempo la voglia mi ritorna.

P.S. 31 gennaio 2015
Ieri ho perso l'amicizia di Andrea. Guido e Francesca non si fanno più sentire. Alessandro lo vedo ancora perchè ci suono nella tribute ai Pixies. Chi visse sperando...


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