lunedì 16 agosto 2021

Il mio cuore è diviso in tre parti

Che bella Genova, dopo un po' che non la frequenti, al ritorno da un viaggio. Non si diventa Genovesi, ma sono affezionato a questa città, alla sua bellezza decadente e ritrosa, all'ironia/sarcasmo della sua gente, all'avere sempre il mare negli occhi come possibilità, come panorama dell'anima.

Al ritorno in continente da due settimane di "giro di boa" in Sardegna, mi rendo conto di come il mio cuore sia diviso (o spezzato) in tre parti:

1 nato ad Alessandria da genitori di Quargnento e Lu, nonni da sempre da quelle parti, le mie radici genealogiche sono in Piemonte, più precisamente Alessandria, Casale e dintorni. So parlare quel dialetto, che sentivo da mia nonna Rina, più o meno italianizzato ("Crompa due pavroni e quat tumatiche"). Primo terzo: alessandrino, piemontese, mandrogno, fate vobis.

2 dopo alcuni anni trascurabili a Parma, dalla quinta elementare alla prima ginnasio (Azuni) ho vissuto a Sassari: lì ho vissuto gli anni più spensierati  e divertiti della mia vita, fra la greffa in viale Caprera, le estati Platamona (secondo pettine) e Stintino. Dove un po' commosso torno da decine di anni a chiedermi "Papà ma non potevi restare qui per sempre?"

3 dopo la triste parentesi di liceo Biellese (tre anni di depressione riempiti e forse salvati dalla passione per la musica rock, soprattutto punk), arrivò Genova, la grande città che poi tanto grande non è, anzi, non c'entra niente con Milano e Torino: ha una dimensione ancora umana (almeno prima dell'avvento dei social). Genovesi non si diventa mai, ma un terzo del mio cuore (o della mia anima) è qui, dove scrivo oggi.

Risultato? In Piemonte mi danno del Ligure, a Genova mi danno del mandrogno se non del padano, in Sardegna mi danno del continentale. Insomma: sempre fuori posto, fuori luogo. Fuori.

Però sono contento di saper essere felice in tre mondi così diversi. In fondo io sono fatto così: l'uomo che aveva il cuore diviso in tre parti, attaccate e indissolubili.

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