"Incontrare la poesia e la letteratura in generale è per gli Anais sicuramente una scelta, e quasi un destino, iscritto nel nome: Franco Zaio aveva già musicato con il gruppo di culto dei Sybil Good Morning Midnight di Emily Dickinson, così come Funeral Blues di W. H. Auden; poi come solista aveva dedicato un intero disco alle poesie di Cesare Pavese, Last Blues. Aveva poi musicato i versi William Blake e Antonia Pozzi, finché non ha deciso di tornare ad Emily Dickinson per un album completamente dedicato alle sue poesie. Ha suonato e registrato tutti gli strumenti da solo, ma poi è tornato a coinvolgere Francesca Pongiluppi, grande lettrice, che stava leggendo La casa dell’incesto di Anais Nin quando scelsero il nome per il progetto, nato nel 1999. Gli Anais comprendono anche Mauro Ghirlanda al basso e alla chitarra e Guido Zanone al cajon.
Ascoltando questo album, vengono in mente lo shoegaze, il rock indipendente e lo-fi dei Grandaddy e dei Pavement, le trame acustiche e le melodie di Elliott Smith, o l’alt-rock più introspettivo e il post-punk nei momenti più minimali, dalle atmosfere a loro modo oscure e inquiete (Wild Nights). Insomma, queste canzoni sembrano nutrirsi ad esempio del meglio della musica indipendente degli anni ’90 e Duemila; in questi brani si ascoltano arpeggi agrodolci e assolati, crescendo tesi e distorti, note di piano delicate, eteree e struggenti, talora persino sonorità sacrali (Much Madness) e melodie vocali pop-rock dolcissime. E ancora, in undici brani spesso abbastanza brevi e incisivi (molti durano dai due minuti e mezzo circa fino ai tre minuti), ci si imbatte in sprazzi con chitarre quasi sognanti e dream-pop, oppure psichedeliche, in bassi che rammentano i R.E.M. degli anni ’90 (I Found the Words), in riff malinconici e densi, introspettivi e pensosi.
Nel titolo del disco, Emily Dickinson (Because I Could Not Stop for Death), vi è lo slancio interiore oltre qualunque paura della morte; nei versi della poetessa vi è l’affidarsi alla notte, dopo una delusione, dopo essere stati respinti dal giorno e dalla dolcezza del sole, l’affidarsi a quel buio a cui ci si può anche abituare, adattando il proprio sguardo all’oscurità. Vi è il rifiuto dell’egocentrismo nell’umiltà di un fiero e sbandierato “I’m Nobody”; c’è la voglia di sottrarsi a un Eden così solitario e allo sguardo impietoso di Dio. Ci si muove così tra vita, amore – profondo, elevato, velato – e visioni mortuarie, passioni travolgenti e sofferenze che sono umane, ma non gentili, mortalità ed eternità, gelo, torpore e la follia, il senso più divino, che espone ad accuse infamanti chi non si allinea.
Il video del singolo I Am Nobody è stato selezionato dall’Emily Dickinson Museum di Amherst per aprire le celebrazioni del 190mo anniversario dalla nascita della Poetessa, a conferma che si tratta di un progetto prezioso, che incanta e affascina."
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