mercoledì 30 gennaio 2008

Buttare, mettere in ordine, essere a posto


Ieri ho fatto un grosso cambiamento del layout ;-) della casa. C'erano decine di libri, centinaia di CD, foto, souvenir ovunque per terra. Mi è passata davanti quasi tutta una vita, con cose tipo le pagelle delle elementari, il diario del viaggio in Irlanda, alcuni libri letti/amati al liceo (Le confessioni di Agostino e La nausea di Sartre su tutti), articoli di giornale sui Lost, biglietti d'auguri...A fine giornata ero distrutto, non solo fisicamente. Se non si va in una casa più grande qualcosa bisogna buttare/sacrificare, non si può accumulare all'infinito (ecco perchè mia moglie mi ha regalato l'iPod: spera in una massiccia conversione in MP3...). E' così difficile scegliere cosa buttare via, dei propri ricordi, della propria vita. Ma è necessario. Anche se dopo ci si sente un po' più leggeri, ma anche più vuoti. E un po' mi terrorizza anche l'immagine di avere una casa perfettamente in ordine, catalogata, a posto. Mi sembrerebbe quasi la casa di uno che è andato via, o che è morto. Invece, forse, solo a quel punto si potrebbe vivere diversamente. Ma da quando non vivo più coi miei non ho mai potuto dire: Ecco, sono a posto. Chissà, forse in pensione, poco prima di morire...

martedì 29 gennaio 2008

Parents first


Ieri sera, finalmente (erano almeno 4 anni che buttavo giù rospi), mia moglie ha sbroccato, dopo un pomeriggio in cui i figli la hanno fatta vergognare, col loro comportamento in casa di un'amica. Loro pensano di essere divertenti, loro si divertono: noi genitori no. E da oggi basta: embargo della DS (solo Brain Training), canali di cartoni criptati, a cena basta Simpsons: TG, film o documentari. Insomma: ci avete rotto il ca. Questa casa è la nostra casa, più che la vostra. Noi che gli siamo sempre andati incontro, abbiamo sacrificato i nostri interessi e la carriera possibile alla loro felicità, e poi ci ritroviamo dei co***oni che cazzeggiano e fanno casino, senza alcun riconoscimento/gratitudine. Eh no! Allora facevano, e stavano, meglio le generazioni precedenti: "figli a carico", tipo valigie o zainetti. Ti mantengo, ti faccio crescere, ti trasmetto dei valori, ma non rompere i co, comportati bene, non "farmi vergognare", e mi vieni dietro. Parents first. Senza sensi di colpa.
Oggi niente pizza col papà a casa dal lavoro: me ne vado con la mamma al ristorante, e poi a una mostra o a fare una passeggiata (anche all'Ikea, toh), e poi si fa quello che piace a noi.
Da oggi Orgoglio Genitoriale. Prima di impazzire con l'esaurimento nervoso.
E checcaz!

lunedì 28 gennaio 2008

A cosa apparteniamo?

Canzone dell'appartenenza
(di Gaber - Luporini
1996 © Warner Chappell Music Italiana Srl)

L'appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini uomini del mio passato
che avete la misura del dovere e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso e non trovar nessuno.
L'appartenenza è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto io finalmente possa dire
questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L'appartenenza è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti
con lo slancio di quei magici momenti in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
Come vedete dalle numerose "etichette", queste parole si prestano a molti ambiti. Ahimè, ahivoi.
PS La meravigliosa foto è tratta dal flickr di Arimondi (hanx!).

sabato 26 gennaio 2008

Nessun film parla di me


Ieri sera ho intravisto un film di Dino Risi del 1963, con Walter Chiari. La bellezza del film in sè e tutte le tematiche svolte mi hanno portato a una riflessione inquietante: ma io, la mia generazione, in quale film si può rivedere, immedesimare, ricostruire, dire "Ecco come eravamo"? La generazione prima forse Ecce bombo. Ma noi? L'ultimo bacio? No, eravamo già oltre. Ricordati di me (con Bentivoglio e il suo romanzo nel cassetto)? La finestra di fronte? Il caimano? Eccezziunale veramente? Yuppies? Notte prima degli esami (ma fatemi il piacere!)? Non mi viene in mente un film da dire: "Era proprio così".

Lancio un sondaggio fra i lettori di questo blog: qual è il film in cui ti immedesimi, che racconta la tua generazione, la società in cui vivevi? Ma intendo a 360 gradi. Il film di Risi (così come Il sorpasso, molti film di Sordi, Pietro Germi, De Sica, Elio Petri, Gian Maria Volontè) faceva un quadro a tutto tondo dell'Italia di quel periodo, descrivendone tutte le classi sociali (non limitandosi, come i film degli ultimi 20 anni, ad ambientazioni medio-borghesi benestanti e colte). E io e voi? Qual è il nostro film? Io non lo so. E la cosa mi inquieta un po'.

venerdì 25 gennaio 2008

Chiusi nella cameretta


"Non voglio più vivere alla luce del sole. Il disgusto per il mondo esterno di una nuova generazione perduta". No, non è una mia frase in un momento di depressione, soprattutto dopo aver visto certe scene al Senato o in giro per strada. E' il titolo di un nuovo libro delle edizioni Elliot che parla del fenomeno shut-in, nato in Giappone come hikikomori. Visto che ho passato molti mesi al liceo in una condizione simile, senza morirne (come invece succede oggi), e visto quanto è ancora brutto e cattivo il mondo fuori dalla cameretta, mi fa innervosire il moralismo e la preoccupazione per questo fenomeno sociologico (d'altronde è un target che si esclude dal ciclo di produzione e consumo...). Anche perchè ho due figli futuri adolescenti. Starà a me dargli dei valori e soprattutto la spinta ad uscire dalla cameretta. Sta a me "passargli" un mondo degno di essere vissuto/cambiato. Sta a me convincerli che anche là fuori ci sono cose belle, interessanti, non dannose nè dolorose. Sta a tutti noi cosiddetti adulti.

giovedì 24 gennaio 2008

I hate Led Zeppelin


In questi giorni sul lavoro un mio collega ha messo in ascolto la doppia antologia dei Led Zeppelin, uscita in occasione dell'acclamata (non da me) reunion. Beh, devo dirlo, insieme agli Screeching Weasel : li detesto, mi fanno schifo! Salvo solo il drumming selvaggio di Bonham, per il resto: canzoni lunghe e noiose, voce e pose insopportabili. Riassumono anche esteticamente la ragione per cui da ragazzino mi entusiasmai per la rozza semplicità di Ramones, Clash e Pistols. Dinosauri di cartapecora, brutti, autoindulgenti e presuntuosi. Pessimi. Da NON recuperare nè rimpiangere. Come i Rolling Stones dopo Brian Jones, i Guns'n'roses, i Motley Crue, Vasco Rossi.
IN MINIERA!

mercoledì 23 gennaio 2008

Lo vedrete, se sono tutti uguali

Se si va alle elezioni e ritorna, come sembra molto probabile, al governo il centro e i fascisti in doppiopetto, lo vedrete se "sono tutti uguali", "non voto più nessuno". Quando faranno altre leggi ad personam (tipo un bel divieto di indagare sui politici), attaccheranno l'aborto e la laicità, ricominceranno ad evadere le tasse a manetta, taglieranno sul pubblico e sosterranno il privato (le scuole e la sanità), umilieranno i lavoratori dipendenti, se ne fotteranno dell'ambiente (magari con un bel ritorno al nucleare) e dei poveracci (immigrati, per esempio). Vedrete che bello avere di nuovo ministri del calibro di Castelli e Calderoli. Vedrete come rimpiangerete il faticoso lavoro di riforme e risanamento di Prodi, criticabile, lento, ma pur sempre un lavoro in corso enorme. Vedrete come vi pentirete di non essere andati a votare. A meno che ci godete, a stare all'opposizione a lamentarvi.

martedì 22 gennaio 2008

The Sound - Sense Of Purpose

Look in my eyes
See the lust and the love
Look in my eyes
When I'm talking to you
I'll take my life
Into my own hands
I'm the one that I will blame
I'm the one that understands
What are we going to do?
While we still got the strength to move
What are we going to do?
I'm asking, I'm asking you
A call to arms, a call to use arms
A call to brains, a call to use some brains
A call to the heart, a call to have a heart
To have a sense of purpose again
Are we where we want to be
All wrapped up in our safety?
Comfort and complacency
It hurts me, it hurts me so
What are we going to do?
While we still got the strength to move
What are we going to do?
I'm asking, I'm asking you

Questi sono i miei anni 80. Adrian Borland (il cantante), per conoscenza, si è buttato sotto un treno qualche anno fa. R.I.P.

lunedì 21 gennaio 2008

La realtà dei reality




C'è più verità, vita reale nei reality che nei telegiornali e soprattutto nella fiction, tv o libri che siano, e persino nella nostra vita di tutti i giorni, al di fuori dell'occhio delle telecamere. La commedia umana messa in scena dall'Isola dei famosi (passione di mia moglie) o dal GF (mia perversione soppressa a fatica) dice molte cose, oltre a essere un cannocchiale e (raramente) uno specchio. Stasera è ricominciato il GF: già in evidenza alcuni personaggi, che verranno stigmatizzati a dovere dal meraviglioso Mai dire Grande Fratello a partire da giovedì sera. Mentre l'Isola interpone le condizioni ambientali-gastronomiche alla rendition delle persone/personaggi, il GF è puro psicodramma che mette a nudo la pochezza, la grandezza, la cialtroneria. Insomma, tutti quanti, una società, una nazione. Gli "intellettuali accettati" disprezzano e dileggiano i reality. In realtà (giustappunto) sono invidiosi e ignoranti: non conoscono nè capiscono come sono veramente le persone e le cose, LA reality.

domenica 20 gennaio 2008

Billy Elliot su "A town called Malice" dei Jam

Ieri sera mio figlio ha espresso il desiderio di fare danza!... Effetto "Billy Elliot" o vera aspirazione, farò in modo che nella vita faccia quello che gli piace davvero, che "gli viene". Penso che sia quasi un dovere di padre, aiutare i figli a "realizzarsi" e inseguire i propri sogni (dei figli, intendo). Io da ragazzino volevo fare il batterista, e i miei manco le bacchette mi comprarono :-(

'You Do Something To Me'

You do something to me, something deep inside
I'm hanging on the wire for a love I'll never find
You do something wonderful then chase it all away
Mixing my emotions that throws me back again
Hanging on the wire, I'm waiting for the change
I'm dancing through the fire, just to catch a flame
an' feel real again
You do something to me somewhere deep inside
I'm hoping to get close to a peace I cannot find
Dancing through the fire just to catch a flame
Just to get close to, just close enough
To tell you that.....
You do something to me something deep inside.
(Paul Weller)

Questa è per mia moglie, e i miei figli, dopo una bella domenica insieme nei "posti davanti al mare" tra Bogliasco e Sori. Descrive bene cosa mi fanno, e come sono io. Oggi mi sento fortunato, e quasi felice, pensa te. Grazie a loro.

sabato 19 gennaio 2008

Anti-antipolitica

Parlo poco o nulla di politica, nel mio blog. Non parlo di Mastella, Cuffaro, la munnezza di Napoli, Ratzinger, per diverse ragioni. Prima: perchè non sono un cronista-giornalista; seconda: lo fanno già i cronisti-giornalisti pagati per farlo in quanto "intellettuali accettati" (come li definisce Tommaso Labranca); terza: sono cose molto lontane dalla mia vita, quarta: non penso servano molto nè siano interessanti le mie esternazioni di critica, preoccupazione, disgusto, rabbia, indifferenza, in ambito politico. Mi permetto di dire solo che non tutti i politici "fanno schifo", "rubano" e altre banalità. Quelli che voto io sono brave persone, intelligenti, impegnate e brillanti (da quel che vedo e che so). Certo è che guadagnano troppo e hanno troppo potere: se guadagnassero di meno lo farebbero per passione e non per far soldi. Sono un qualunquista-fesso-sempliciotto eh? OK, basta parlare di politica, allora.

venerdì 18 gennaio 2008

Nulla è in regalo

Una mia ex-collega di Milano ha messo in calce alla sua mail di commiato dall'azienda una poesia di Wyslawa Szymborska che mi ha "colpito al fegato". La riporto qui sotto. Pensando a quale poesia avrei messo io, forse questa di Fortini, solo che avrei modificato il titolo: al posto di "amici" avrei scritto "colleghi"...

Nulla è in regalo
Nulla è in regalo,
tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita
in cambio della vita.
E' così che è stabilito,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
E' troppo tardi
per impugnare il contratto
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l'obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.
L'inventario è preciso,
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perchè
ho permesso che aprissero
questo conto a mio nome.
La protesta contro di esso
la chiamiamo anima.
E questa è l'unica voce
che manca nell'inventario.
(Wislawa Szymborska)


giovedì 17 gennaio 2008

Emozioni ventennali


Per la Befana mi sono fatto un regalo: Joshua tree degli U2, l'edizione del ventennale, un cofanetto con due cd (uno di inediti e b-sides), un dvd (concerto dell'epoca e documentario), libretto e foto. Un oggetto lussuoso, direi. E meravigliosa musica, anche vent'anni dopo. I tre pezzi iniziali (Where the streets have no name, I still haven't found what I'm looking for, With or without you) sono da shock emotivo. Lo so: a molti gli U2 suonano retorici e patetici, ma io qui non riesco a non farmi prendere dalla voce di Bono e dalle atmosfere create da The Edge: al cuore non si mente. Gli ultimi due dischi non sono affatto male, ma gli U2 non sono mai più andati così "in alto" come in Joshua tree. Un classico. Where the streets have no name poi è una tempesta di emozioni: mi leva il respiro, mi da energia, mi solleva lo spirito e mi fa sentire come se fossi sulle Cliffs of Moher a guardare l'orizzonte schiaffeggiato dal vento, o come se stessi correndo a perdifiato in mezzo ai campi di grano e le vigne che erano dei miei nonni...

mercoledì 16 gennaio 2008

Beatles - Rain

Questa è la canzone che io e Andrea (beatlesiano de fero) canticchiamo istintivamente quando piove come oggi. Ma quanto piove, opposizione ladra? "I don't mind"...

martedì 15 gennaio 2008

Paul Weller: Brand New Start (acoustic)

Un inno, più che una canzone. Colonna sonora di questo inizio d'anno. E di tutti gli altri, ahimè, ahivoi. Ma quest'anno...

lunedì 14 gennaio 2008

Svuotare il sacco

Lezione del giorno: dire le cose, fare le domande, svuotare il sacco, sciogliere i nodi in gola. Basta parlare. "Ma tu glielo hai mai chiesto?". Rimuginare, nascondere, lamentarsi (con le persone sbagliate o che non possono farci niente), e poi, col tempo, tirare i remi in barca, rassegnarsi, diventare fatalisti e pessimisti: tutto questo non serve a niente, se non a farsi venire l'ulcera o altri malanni psicosomatici. Se c'è qualcosa che non va, note stonate, malumori, problemi, risentimenti, rimpianti, ossessioni, frustrazioni, incomprensioni, insoddisfazioni: tutto va esternato, comunicato alle persone interessate, quasi confessato. Può darsi che non serva a niente, in certi casi, ma se non altro ci si sente più leggeri, e almeno si è fatto un gesto costruttivo che permette lo sblocco della situazione negativa o anche solo statica-passiva. Questo discorso per me vale sia in ambito professionale che in quello personale-sentimentale. Certo, magari poi si viene segati sul lavoro o ci si separa, ma se non altro si esce da una situazione stagnante e confusa. Anche se mi rendo conto di essere (sempre stato) un estroverso generoso un po' ingenuo e eccessivamente sincero, atteggiamento che spesso non rende nei rapporti di interesse, sono più contento, quasi orgoglioso, di essere così. E chi mi vuole bene e mi stima non mi ritiene un coglione o uno stupido, perchè sono così. Almeno credo :-)

domenica 13 gennaio 2008

Sono come in attesa




In questi tempi si parla tanto di paura, soprattutto percepita. Io non ho paura, ma mi sento come in attesa: di un cambiamento, di un miglioramento, di un futuro. E' il non vedere, il non conoscere che trasforma l'attesa in paura, perchè si ha paura di ciò che non si conosce, o non si vede. Io invece vedo e penso di conoscere, o perlomeno voglio conoscere, voglio sapere. Non mi è possibile un bel presente senza un futuro, non mi piace camminare guardando in basso. Questa vecchia canzone di Gaber esprime bene questo mio stato d'animo. Sperando di non aver "aspettato a lungo qualcosa che non c'è, invece di guardare il sole sorgere" (Elisa, Qualcosa che non c'è)...

L'attesa
(di Gaber-Luporini 1981 © Edizioni Curci Srl - Milano, dal disco Anni affollati)
"No, non muovetevi, c'è un’aria stranamente tesa, c'è un gran bisogno di silenzio, siamo come in attesa. No, non parlatemi, bisognerebbe ritrovare le giuste solitudini, stare in silenzio ad ascoltare. L'attesa è una suspense elementare, è un antico idioma che non sai decifrare, è un'irrequietezza misteriosa e anonima, è una curiosità dell’anima. E l'uomo in quelle ore guarda fisso il suo tempo, un tempo immune da avventure o da speciale sgomento. No, non muovetevi, c'è un'aria stranamente tesa e un gran bisogno di silenzio, siamo come in attesa. Perché da sempre l'attesa è il destino di chi osserva il mondo con la curiosa sensazione di aver toccato il fondo. Senza sapere se sarà il momento della sua fine o di un neo-rinascimento. Non disturbatemi, sono attirato da un brusio che non riesco a penetrare, non è ancora mio. Perché in fondo anche il mondo nascente è un po' artista, predicatore e mercante e pensatore e automobilista. E l'uomo qualunquista guarda anche lui il presente, un po’ stupito di non aver capito niente. L'attesa è il risultato, il retroscena di questa nostra vita troppo piena, è un andar via di cose dove al loro posto c'è rimasto il vuoto. Un senso quieto e religioso in cui ti viene da pensare (e lo confesso: ci ho pensato anch'io) al gusto della morte e dell’oblio. No, non muovetevi, c'è un'aria stranamente tesa, e un gran bisogno di silenzio: siamo tutti in attesa."
Da domani la mia vita non sarà più la stessa...



sabato 12 gennaio 2008

Svuotare, regalare, buttare


Svuotare, per buttare o rivendere o donare: un'attività che mi da soddisfazione. Oggi ho svuotato la cantina, il refugium peccatorum. Penso che potrei fare a meno del 70% delle cose che ci sono nella mia casa ad occupare spazio e fare disordine (il cosiddetto clutter: cianfrusaglie, riviste, libri che non si leggono, cd che non si ascoltano, vestiti che non si mettono). Certo che con due bambini è più difficile archiviare e/o eliminare le cose. Ma ci sto provando, svuotando/mettendo a posto uno spazio, anche molto circoscritto, alla volta, come suggerisce la simpatica Rita Emmett. Le cose essenziali, davvero importanti, rischiano di essere concretamente nascoste da altre che vi si sovrappongono per fretta, pigrizia e inerzia. Dopo lo spazio in cui vivo, sto provvedendo a svuotare anche la testa: tagliare i rami secchi, incanalare le energie verso gesti e persone per cui vale la pena impiegare il proprio tempo. Sbarazzati di tutto ciò che offende la tua anima diceva Walt Whitman. Più prosaicamente io aggiungo E non regalare idee ed energie a chi non le merita o non le ricambia in alcun modo.

venerdì 11 gennaio 2008

Orgoglio isolazionista


Non mi interessa conoscere nessuno. Cerco di eliminare come rami secchi le poche relazioni che ho mantenuto. Non rispondo alle telefonate. Mando una mail preconfezionata e solo a pochi, scelti a caso. Non accetto inviti. Voglio essere il paladino dell'Asocial Networking (Tommaso Labranca).
Forse TL esagera un po', ma a costo di sembrare snob o soprattutto sfigato condivido un atteggiamento di severa selezione e stop a inviti, richieste di amicizia su last.fm, adds su myspace, feste più o meno comandate, happy hour, aperitivi, cene, eventi mondani, impegni...tutte parole che mi fanno stare male solo al pensiero. E che soddisfazione, che orgoglio dire a chi per strada cerca di rifilarmi volantini/inviti "No, grazie: non esco mai la sera".
In realtà non potrei, anche volendo, dato che ho due figli da accudire e non ho possibilità di babysitting. Ma so che anche fra qualche anno, quando i ragazzi saranno autonomi, saranno molto più numerose le volte che mi perderò qualcosa rispetto a quelle in cui non rinuncerò, spesso preferirò la isolation di joydivisionana memoria. Deve, e dovrà valerne la pena. Non fa per me uscire a tutti i costi, proprio per non restare in casa (manco fosse una prigione o una camera a gas), costretti a bere per avere l'illusione di divertirsi e fare un po' di conversation appena brillante, facendo poi sicuramente qualche gaffe per eccesso di sincerità.
Ci sono così tanti libri che voglio leggere, cose che voglio scrivere, dischi che voglio ascoltare, amici a cui telefonare/scrivere, film che voglio vedere, sogni che voglio fare, baci e abbracci che voglio dare e ricevere...Ma perchè dovrei uscire?!

giovedì 10 gennaio 2008

Fatti, ma anche parole

Siamo quello che diciamo, le parole che usiamo, così come mangiamo quello che abbiamo in bocca. Un input di miglioramento della vita di tutti i giorni è sicuramente la qualità del linguaggio: non solo quello che si dice, ma come lo si dice. Ho sempre parlato ai miei figli con un linguaggio accurato e mai banale o volgare, senza andare sul forbito eccessivamente ricercato e antipatico. Pensare a quello che si vuol dire, trovare un bel modo di dirlo, cercare dei sinonimi e delle immagini, citare, accennare, rilanciare. Gli ho anche detto, per visualizzare il concetto, che se dicono "Merda" è come se avessero una merda in bocca, e lo stesso vale per termini e concetti volgari, violenti, "brutti". Il linguaggio nobilita l'uomo. Meglio "Cioè cazzo belin che periodo di merda, ce n'ho due coglioni, nel senso" o "E' un periodo difficile, sono demotivato e stanco"? Se parlo bene, vivo meglio.

mercoledì 9 gennaio 2008

"Le prime volte"


(Immagine tratta googlando dal sito http://www.codentropy.com/)

Un mio racconto, Il mio primo giorno di scuola, è stato pubblicato nell'ambito dell'ottimo Mentelocale. A questo punto confesso pubblicamente che sto scrivendo una serie di racconti, Le prime volte, ricordi/esperienze un po' romanzati, e non è detto che non piacciano a qualche editore che li pubblicherà...C'è tempo, vedremo. Per ora uno è piaciuto, e molto, alla scrittrice Claudia Priano, che l'ha voluto pubblicare on line. Potete leggerlo qui . Un grazie alla Clo e alle altre persone che lo hanno apprezzato (Ginomaco, Riky, Andrea F, Aldo...). Insisterò a scrivere (senza diventare ossessivo con manie di persecuzione, però) Le prime volte: già scritti La prima volta che sono stato lasciato, La prima volta che sono venuto, Il mio primo concerto, La prima volta che ho fatto a botte, Il primo dell'anno, La prima sbronza...

martedì 8 gennaio 2008

Paul Weller fa That's Entertainment insieme a Noel Gallagher

Per ribadire il concetto PW, beccatevi questa canzone, eseguita col "discepolo" degli Oasis (già scoppiatelli: PW è da 30 anni che resta a livelli alti). That's entertainment.

lunedì 7 gennaio 2008

Paul Weller, un grande

Per la serie "Cinque euro di felicità" oggi mi sono accattato Days of speed, una specie di best acustico dal vivo del grande Paul Weller. PW è una vera leggenda musicale: Jam (di cui ho consumato i dischi di vinile all'epoca), Style Council (più fighetti, con cui ha introdotto una generazione allo stile swing-soul-jazz), e una rispettabilissima carriera solista. E' tramite lui che scoperto il soul (Motown e Atlantic), gli Who e gli Small Faces. Un elegante gigante (the king of mod style) che ha scritto canzoni per me fondamentali come (in ordine cronologico):
In the city
This is the modern world
To be someone
English rose
Start!

Going underground
That's entertainment
Ghost
Town called malice
Beat surrender
My ever changing moods
The Paris match
Boy who cried wolf
Long hot summer
You do something to me
Brand new start

Non so se mi spiego. Ascoltate/scaricate questi pezzi e poi mi direte.

domenica 6 gennaio 2008

L'ultima giustificazione

Reduce da uno scoraggiante "Sfoglia profili" di Genova, avendo saputo che qualcuno definisce il mio blog una pietra tombale (simpaticone), qualcun altro una specie di spogliarello dell'anima (come se mi denudassi davvero tutto: ma manco dall'analista!), altri una volgare perdita di privacy (come abbandonare un diario nella sala d'attesa di una grande stazione), altri una vetrinizzazione (ma de che? Avessi degli sponsor, o parlassi della mia professione!), torno sul luogo del delitto, a parlare di corda in casa dell'impiccato, insomma a giustificare questo innocente (ingenuo) passatempo telematico, e ne ribadisco alcuni aspetti positivi:
-restare in contatto con persone simpatiche (Andrea F, i blogger nei link a fianco)
-recuperare e comunicare con persone perdute nel tempo e nello spazio (per es. la Chiara, Marina P, Nordan7, e tutti quelli che mi leggono pur senza lasciare commenti)
-far sapere al mondo cosa penso a mo' di messaggio nella bottiglia, come segnali di fumo (senza bruciarmi)
-restare bello, vispo e aggiornato
-non smettere di pensare (e darne prova)
-parlare di cose che rendono migliore o almeno più sopportabile la vitaccia (sentimenti, pensieri, parole, emozioni, musica e Bellezza in genere)
-condividere.
OK? E' l'ultima volta che scrivo un post giustificativo. Mi scuso coi blogger solidali (i linkati), e faccio marameo e un dito medio a chi mi critica e mi giudica. La mia vita sarebbe peggiore, meno ricca, senza questo blog. Pensate come sono ridotto, che fesso. Lasciatemi perdere.

sabato 5 gennaio 2008

No regrets (they don't work)

Che citazione colta, come titolo eh? SC rimpiange i Sybil, qualcuno i Crapping Dogs, io vorrei riprendere il discorso Anais, qualcun altro rimpiange i Lost...e sto parlando solo di gruppi musicali. Quanti altri rimpianti ci sono in giro, nelle nostre teste. Beh, io vorrei guardare avanti, da qui in poi, vivere il presente per avere un futuro. Giusto l'altro giorno su Repubblica c'era un bel pezzo del solito ottimo Umberto Galimberti, di cui riporto i passi per me più salienti. E anche dolorosi.
I rimpianti non si limitano a rovinare la vita e la salute mentale, ma rivelano una pericolosa destrutturazione della nostra temporalità, dove il passato divora il presente e il futuro e, senza futuro, non c´è vita che possa dischiudersi a un avvenire. (...) Quando il passato assorbe tutto il nostro spazio temporale, il presente diventa il tempo dell´incessante lamento, fatto di "se", "se non", "se avessi", "se non avessi", e il futuro si dischiude come ambito di vuote intenzioni. La vera perdita sottesa al rimpianto, infatti, non è il desiderio inattuato, l´occasione mancata, la carriera sfumata, l´amore perduto, ma la capacità di darsi il futuro. (...) Nel rimpianto si estingue l´attività con cui tendiamo verso l´avvenire, e al suo posto subentra l´attesa dove un futuro senza progetti viene insignificante verso di noi. Insieme all´attività si spegne il desiderio che per sua natura è proiettato in avanti e col desiderio la speranza che non è vuota consolazione, ma apertura alle possibilità a venire, che ci evita di trattenerci nella prigione di un presente che, senza prospettive, si risolve nella malinconica memoria di un passato immodificabile. La noia che proviamo quando ascoltiamo chi, con rimpianto, ci parla del suo passato è forse la più palese testimonianza che in lui le sorgenti della vita si sono inaridite, perché ogni progetto, prima ancora di nascere, è già catturato dal rimpianto che lo immobilizza in un passato senza avvenire e senza oblio, il quale, diciamolo, non è un difetto della nostra memoria, né un principio di economia mentale, ma la grande regola del passato, senza la quale la vita non potrebbe esprimere un presente, né progettare un avvenire. Ma là dove il passato non è superato, anche la libertà viene trattenuta in quello sguardo retrospettivo dove il rimpianto si ripropone in quelle modalità ossessive che assediano il presente e lo rendono inidoneo al futuro. Il rimpianto dunque non è da coltivare. E coloro che si soffermano o vi indugiano pensano di soffrire per il loro passato. In realtà ciò di cui davvero soffrono è l´incapacità di darsi un futuro.
Touchè?


venerdì 4 gennaio 2008

L'Irlanda e il Mago d'Oriente

L'Irlanda, ecco un posto in cui perdersi. Quando voglio pensare all'Irlanda perduta, quella fatta di magia, natura, silenzio, Guinness, musica nei pub, misticismo quasi inevitabile, gente cordiale e simpatica, sensazione di stupore magico tra il pagano e il religioso, non metto su i Pogues (troppo ciucchi e sbracati) o gli U2 (troppo americani-rockstar) o i Chieftains (troppo antichi-folk): questo disco (vedi la mia playlist 2007) fa al caso mio. Un brillante mix di tradizione irish, pop alla Beatles, cavalcate alla...Waterboys, ballate alla Van Morrison, country, psichedelia, love songs struggenti, spiritualità, e quant'altro. Il tutto con un afflato che mi riporta a quella terra magica dove spero di tornare con più calma (nel 91 macinai migliaia di km), almeno una volta prima di morire. E mi viene in mente anche EM, detto "il Mago d'Oriente", con cui condividevo questa passione per l'atmosfera irlandese. EM che in Irlanda faceva la sua "dieta irlandese": no food, only Guinness dal mattino alla sera, giusto un pezzo di pane nero o due ostriche. EM che si avventurava in lande desolate a caccia di fantasmi, citando Il crepuscolo celtico di Yeats, EM che sotto la pioggia catalizzava a braccia aperte l'energia magica dell'universo. Ora EM viaggia per l'Europa come manager e non andiamo più con gli amici a fare banchetti nella sua Reggia vicino a Ovada, dove in un angolo del giardino c'era una riproduzione di Stonehenge, dove si aggirava scalzo come un troll mangiando ogni vegetale gli capitasse a tiro. Something that I miss, something that I lost...

mercoledì 2 gennaio 2008

Sparire o restare

Mi diverte pensare, anche se sembra perverso, che qualcuno dei desaparecidos che vengono cercati in questo drammatico ma un po' lugubre programma non sia stato rapito o ucciso ma abbia voluto sparire di sua volontà, magari seguendo le istruzioni di questo libro, e magari guarda il programma facendosi delle grasse risate vedendo chi adesso lo cerca rimpiangendolo, quando prima di sparire invece lo sottovalutava o maltrattava. Mi piace pensare che ci vorrebbe una rubrica dal titolo "Chi l'ha perso?" e una serie di controappelli chiamata "Non mi cercate, sto meglio adesso". Un po' come spero che Jim Morrison non sia morto scoppiato ma si sia eclissato e viva tranquillamente in Messico facendosi insalate di peyote. Un po' come amo la scena finale di Caterina va in città. Mi piace pensare che certa gente sparendo sia felice, anche se lascia rimpianti e dolore dietro di sè. Mi piace pensare che sparire non significhi morire, mi piace pensare che un'altra vita è possibile. Alla fine dei conti, però, mi piace soprattutto sentire intensamente che io non ho alcuna ragione nè intenzione di sparire. E cambio canale subito, sorridendo.

martedì 1 gennaio 2008

Chi ben comincia...


Lo so, sono patetico, a 43 anni suonati, a fare ancora una wishlist, le new year's propositions, i buoni propositi dell'inizio dell'anno, un elenco di desideri/sogni/obiettivi per l'anno nuovo, da riguardare ogni giorno se no cadono nel dimenticatoio (quest'anno me l'appendo in qualche posizione inevitabile). In primis quest'anno aspiro a una Serenità di fondo (non pretendo la Felicità): una condizione psicofisica di tranquillità e gratitudine, grazie alla quale affrontare il risveglio con un sorriso, se è una bella giornata, e con senso dell'umorismo e della proporzione, se è una brutta giornata, in tutti i sensi e tutti i luoghi (clima, cose da fare, cose che succedono). Apprezzare quello che si ha, si fa, si è. E se non lo si apprezza darsi da fare e fare in modo di apprezzarlo, che sia apprezzabile. Troppe volte nel 2007 mi sono alzato con un piombo invisibile sulla testa o al posto del cuore, anche quando andavo sul balcone a guardare l'alba sul mare e non riuscivo a vedere nè bellezza nè motivazione nè gratitudine. E poi con gli occhi nel vuoto, la bocca amara di caffè e la mente altrove via nella rat race, la routine quotidiana, pochi sorrisi, pochissime gratificazioni, poche gioie, no fun. Quest'anno voglio poter dire anch'io insieme ai miei figli nella loro preghierina serale: "Signore, grazie di tutte le cose belle e buone che ci hai dato in questa bella giornata". Non chiedo tanto. Giusto non andare in crisi se qualcuno mi dice "Come va?", voglio essere in condizione di non scrivere post come questo.
L'uomo invidia l'animale, che subito dimentica [..] l'animale vive in modo non storico, poiché si risolve nel presente [..] l'uomo invece resiste sotto il grande e sempre più grande carico del passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte. Per ogni agire ci vuole oblìo: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità. La serenità, la buona coscienza, la lieta azione la fiducia nel futuro dipendono [..] dal fatto che si sappia tanto bene dimenticare al tempo giusto, quanto ricordare al tempo giusto (F. Nietzsche, da "Considerazioni inattuali").