mercoledì 7 giugno 2006

Like a Rolling Stone


Da un mesetto sono ossessionato dai Rolling Stones, quelli con Brian Jones, però. Dalla sua morte (uccisione?) in poi sono solo dei fattoni miliardari sgangherati, anche un po' coglioni (Keith che cade da un albero di cocco, l'altro giorno...). Li ascolto ogni mattina, 19th nervous breakdown, Child of the moon, Let's spend the night together... Hanno un che di ammaliante, sottilmente diabolico, ma estremamente vitale. Mick mi sa che ha fatto un patto col Diavolo veramente (a proposito, il giorno 6/6/06 non è successo niente di strano, mah). E Brian Jones è una di quelle figure di beautiful loser irresistibile, per me, come Syd Barrett, Nick Drake, Tim Buckley. Angeli caduti, sacrifici umani, vittime dei brutti e cattivi. Brian Jones è morto per i vostri peccati. E adesso nessuno è innocente. Ed ecco che arriva, ecco che arriva, il tuo diciannovesimo esaurimento nervoso...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Adesso che guardo la foto: mio figlio Alessandro E' la reincarnazione di Brian Jones! Oh mio Dio...Alessandro Zaio è sempre più il mio idolo. Anche/perchè è mio figlio...Ne riparlerò.
FrancoZaio

Anonimo ha detto...

quando si dice l'amore paterno! i rolling stone sono stati il primo gruppo "vero" che ho ascoltato in vita mia poi sono passato ai sex pistols e ai clash. il tutto nel giro tre o quattro mesi. sarà scontato ma jumping jack flash resta la mia preferita!

Anonimo ha detto...

ah, sono diego husker!

Anonimo ha detto...

Se ne é andato anche SYD BARRET, genio e sregolatezza, sopravvissuto (anche se mentalmente devastato) ad altri geni contemporanei (Jimy, Jim, Janis, Brian e tanti altri) bruciati dalla loro fragilità e dal business. In realtà ho sempre amato di più la concretezza di Gilmour, ma umanamente Syd ha sempre riscosso la mia simpatia.
Gli aneddoti sulle sue performance rimangono comunque nella storia, come la sua Telecaster rivestita di specchietti. E' un altro pezzetto di storia della musica che se ne va. E' triste vedere morire i propri eroi, uno dopo l'altro, lasciandoci nella consapevolezza degli anni che passano inesorabilmente e, personalmente, a chiedermi quale destino avrei avuto se avessi fatto della musica la mia professione. A volte mi sento "Out of time", nel senso che non capisco perché non ho avuto 20 anni negli anni 60. Poi guardo i miei figli e mi sembra di trovare una ragione. Già, mi sembra. Perché l'impressione é sempre quella di non appartenere a questa vita e a questo tempo. Volevo condividere con voi queste sensazioni. Un abbraccio.
Andrea