Pasqua=passaggio=resurrezione. Ma per risorgere bisogna morire, piccolo particolare. Bene, in questi giorni qualcosa, una parte di me e' morta. Posso/voglio/so risorgere. Non voglio suonare sinistro ne' ermetico ne' imploso ne' avviluppato. Soltanto festeggio questo momento un po' magico e tragico che e' la Pasqua, ogni anno. Soprattutto da quando e' diventata la ricorrenza della morte di mio suocero, 2002, riposi in pace.
Come dicevano gli immortali versi del mortalissimo poeta? "Something must break now, this life isn't mine, something must break, I wait for the time". Sic.
Risultato della lettera a mio padre? Zero. "Bravo, scrivi bene". E' proprio vero che la maggior parte delle lettere le scriviamo a noi stessi. Io dovevo scriverla, quella lettera chiarificatrice, ma per me stesso, mi sa. Lo stesso vale per il mio prossimo cd (Pavese): lo faro' e lo terro' per me stesso. Basta promulgare, regalare, disperdere: chi lo vorra' se lo paghera'. Lo faccio per me.
Le poesie, le canzoni, i racconti, i blog: davvero vogliono comunicare ad altri, o sono solo specchi, polaroid rivolte verso se stessi? Nell'era della ipercomunicazione, la comunicabilita' e' finita, almeno per me.
Sto leggendo un libro micidiale, "La ferita dei non amati". Ma ne usciro' orgoglioso e sorridente.
Come sempre.
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