Cosa ho pensato, fatto, visto, sentito, messaggi nella bottiglia, notizie, curiosità, cose inutili e necessarie, il mio piccolo mondo antico, dal 2005 al 2022. E soprattutto tanta musica, come colonna sonora ma anche come espressione di ciò che non sapevo, non volevo e soprattutto non potevo scrivere. Dal 2023 mi trovate su Facebook (sono un boomer!) come FRANCESCO ZAIO.
domenica 5 novembre 2006
Tommaso Labranca
Sono un fan di TL fin dai tempi di Andy Warhol era un coatto (Castelvecchi editore), in cui trovò le parole per definire/descrivere quel gusto del trash/pecoreccio che, da vecchio punk in pectore, ho sempre avuto. TL scrive benissimo, secondo il mio umile parere, e soprattutto pensa davvero con la sua testa, è culturally scorrect, non solo politically. Se uno è noioso o cialtrone lui te lo scrive, con garbo e stile, anche se è un intoccabile, una icona culturale-artistica-politica. Credo che ebbe dei guai per Chaltron Hescon, se non ricordo male. Dopo il post-pasoliniano (pardon) Neoproletariato ora con questo nuovo bellissimo libro sintetizza il suo pensiero sarcastico su società, musica, letteratura, tutto. Con amarezza, a volte, ma spesso con un tono poetico-malinconico che mi ha quasi commosso. Riesce a fare filosofia/poesia/critica musicale parlando di Kraftwerk, Cerrone, Donna Summer, la tangenziale di Milano, i bauscia sui suv, il papa, il suo papà, la nostalgia per il mondo degli Abba, gli Intellettuali Accettati...Queste pagine comunicano scoramento, solitudine, sarcasmo, ma anche dolcezza e nostalgia, senza essere mai svenevole o intellettualoide ipercolto e autocompiaciuto. Insomma, l'avete capito: uno dei libri dell'anno, per il sottoscritto.
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1 commento:
C'è un punto che mi piace molto del libro. Quando elogia la "superficialità". Non nel senso comune e in genere negativo di non approfondire le cose, ma nel senso di praticare l'eclettismo e la varietà, restare sulla superficie perché ci sono così tante cose interessanti da scovare intorno a sé che non appena ci si potrebbe fermare ad approfondire, si scoprono altre meraviglie, altri suoni, altri tratti. Anche io non sono stato e non sono capace di essere "esperto" di qualcosa (invidio e al contempo temo i "completisti"). Pratico molto, ma in profondità mi sembra di conoscere poco. E' facile vederlo come un limite, in un mondo che richiede spesso la specializzazione o il disimpegno. Nel mezzo c'è però la velocità delle cose che passano e che sembra un peccato non cogliere. E non le si coglie mai abbastanza. Non so se il pop della mia adolescenza abbia avuto influenza in tutto ciò, probabilmente sì.
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