
Pausa-pranzo al cinese, in sottofondo musica latinoamericana: digerisco malissimo (peggio del solito). Giretto in meganegozio di abbigliamento, R’n B e hip hop tamarro: scappo. Entro nella libreria più fornita della città e mi becco Renato Zero e gli 883, alla faccia del “tempio della cultura”. Non c’è scampo, a meno di rinchiudersi le orecchie in un Ipod/walkman: la musicaccia ci perseguita ovunque, non solo alla radio e alla tv. Ora, se è vero che la musica “di sottofondo” caratterizza e valorizza l’ambiente in cui la si ascolta, quale è
la musica giusta per una libreria? Dato che (purtroppo) Brian Eno non ha ancora fatto “Music for bookshops” né “My life in the bush of books”, il dilemma è annoso e anche importante, sia per la quotidianità dei librai, sia per i clienti/lettori che devono starci bene anche loro, in libreria, sia per l’immagine della libreria stessa. Un tempo, quando si usava la filodiffusione (esiste ancora?) era quasi d’obbligo la musica classica, col rischio di beccarsi messe cantate, canti gregoriani o peggio ancora musica dodecacofonica irritante. Poi si è passati al jazz (niente
free, ovviamente), per tirarsela da raffinati/colti, però due palle così, dopo tre o quattro ore. Allora si è arrivati alla musica leggera, per
alleggerire l’ambiente di lavoro e andare incontro a una clientela più giovane. A questo punto mettere d’accordo i gusti e le esigenze di una ventina di persone sulla musica da ascoltare/subire per ore e ore è pura utopia, e se non c’è uno che “comanda” e si impone inizia fra i librai una guerriglia intestina a suon di cd messi e tolti, spaziando da Gigi D’Alessio ai Clash, con palese imbarazzo di clienti e colleghi.
Che fare, allora? Vorrei bandire un sondaggio almeno fra i lettori del Mucchio: “Quale musica vorreste/vi aspettate di sentire nella vostra libreria ideale? “. Mandatemi le vostre risposte via mail a
beware@tin.it, la prossima volta vi racconto cosa se ne evince. Calcolate una programmazione media di otto ore. E abbiate un po’ di compassione, siate ragionevoli (per esempio no black metal, no fusion, no Renato Zero, grazie).
(Pubblicato sul
Mucchio di gennaio 2007, rubrica "L'angolo del libraio". Questo articolo smuoverà qualcosa in quello che si ascolta nella libreria in cui lavoro? Dubito fortemente, ma staremo a vedere. Anzi: a sentire)