Rientro dalla Sardegna, bello pieno di fatalismo ottimista, e vengo accolto in continente con il pugno nello stomaco della notizia della morte di Tommaso Labranca.
Per me T-La ha significato tanto, in campo culturale e anche umano e sociale (pardon: asociale), dai tempi della teoria del trash passando per i vari bellissimi progetti (indimenticabile Ultravoid, mi iniziò al gusto minimalista) fino agli ultimi amarissimi tempi di isolamento e indigenza. Ho amato profondamente i suoi libri (quando scrissi questa "recensione" mi ringraziò commosso), e mi ha suggerito (non insegnato) tante cose belle (i Sigur Ros, per esempio) e tante brutte (l'uso compulsivo dei social). L'ultima volta che lo sentii avevo perso il lavoro e avevo condiviso con lui la difficoltà della sopravvivenza, quella fatta di bollette e affitti, mica filosofia esistenzialista per gente senza problemi finanziari.
Non trovo parole adatte a ricordarlo come meriterebbe, e a descrivere come mi sento oggi. Certo, era un personaggio scomodo, uno che non ha mai leccato il c..o a nessuno, e ne ha pagato le conseguenze con dignità e orgoglio.
Ora tutti quanti, persino quelli che lo avevano emarginato se non deriso, faranno dei bei "coccodrilli" sull'acutezza e la lucidità del suo scrivere, sul suo essere sempre controcorrente (o saltare fuori subito dalle correnti da lui create), ora rivaluteranno i suoi libri (che non gli pubblicavano ed era arrivato ad autoprodursi) e i suoi progetti (quelli che non è riuscito a far sparire), il suo genio, la sua cultura, la sua raffinatezza (che sapeva mixare Alto e Basso con risultati destabilizzanti), gli eventi (che snobbarono)...
Say hello, wave goodbye ...
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