martedì 12 dicembre 2006

Cani sciolti, amici miei


Nella recente riunione di vecchi amici grazie alla lucida arguzia di Arimondi si è arrivati a una constatazione enorme, epocale, esistenziale: se non ci si conforma a un gruppo sociale, una lobby, una minoranza, una tipologia, una ideologia, ragionando con la propria testa senza paraocchi nè pregiudizi preconfezionati, si fa poca strada, si fa fatica, in società e anche nel privato. "Ragazzi, gli emarginati siamo noi!", altro che gay, comunisti, fascisti, ebrei, nazisti, massoni, cattolici, diessini, ruffiani, arrivisti, spie, alternativi, intellettuali, rovinati, ultras...C'è un gruppo, una tribù, una bandiera per tutti i gusti e i talenti. E poi ci sono "quelli come noi", i cani sciolti. Persone piuttosto normali, ma col difetto di pensare troppo, gente che non perde mai il senso dell'umorismo e dell'autoironia, e per questo siamo strani, antipatici, mal visti. Poveri cani sciolti. Vanno in giro un po' perplessi e divertiti, fanno qualche cagata in giro e nessuno che gliela raccoglie o nasconde, anzi, tutti a disprezzare e prendere a calci. Perchè non hanno un padrone, nè fanno parte di un branco. Qualcuno poi va in paranoia e diventa una mina vagante. Ma non è il nostro caso, amici miei. Che fatica però, la vita del cane sciolto.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La lucida arguzia non è nulla senza tale mirabile capacità di sintesi quale in questo post.
Arimondi (alias chi si loda si imbroda)

Anonimo ha detto...

i cani con la sciolta?

Anonimo ha detto...

Mio caro Franco, mi sento più simile ad un gatto randagio che a un cane sciolto. Non so se é la mia cronica incapacità di rapportarmi con gli altri ad aver causato questo status o viceversa, cioè se sia la mia vera natura a guidare le mie scelte, i miei comportamenti nei confronti del mondo. Il risultato é comunque simile. E se da bambini questo vuoto, questa mancanza del senso di appartenenza ad un gruppo, potevano causare frustrazione, rabbia o anche dolore, nell'adolescenza diventano una sorta di marchio di Caino da condividere orgogliosamente con pochi altri eletti, ritrovandosi nelle pagine di Baudelaire, Kerouac e Bukowski o nelle note dei Doors, dei Pink Floyd (o di chi volete voi, perché ognuno ha i suoi riferimenti "maledetti").
Più tardi anche questo diventa quasi un'abitudine, dico "quasi" perché al di là dello stile di vita, magari di una famiglia e un lavoro monotono e poco stimolante, rimane quel senso di inquietudine di fondo, quel porsi sempre un pò di sbieco nei confronti del mondo, che rende la vita molto più complicata, per noi e per le persone che ci sono accanto. Ma d'altronde non mi sono mai venduto per ciò che non sono, e se chi mi é vicino non riesce a capirmi e ad accettarmi completamente (e non é cosa facile, ve lo garantisco), mi piacerebbe quantomeno essere rispettato, sia che il nostro io sia la causa o l'effetto di questa vita "maledettamente" complicata.
Andrea