Ci sono due cose che non possiamo smettere di fare, finchè siamo vivi: respirare e pensare. Possiamo permetterci solo brevi apnee, brevi periodi di incoscienza. E il pensare ha una componente di fondo: una malinconia, una nostalgia, una sensazione di incompiuto, confuso, mal interpretato, irrealizzato, infinito e limitato allo stesso tempo. Steiner ci illustra, spaziando nella storia della filosofia ma anche della scienza e della letteratura, le dieci possibili ragioni di questa "pesantezza dell'animo", questa "malinconia creativa" che ci accompagna come un'ombra. Libro conciso ma intenso e densissimo, nella sua profondità. Lo consiglio, con successo, a colleghi e clienti, lettori di filosofia, e alla gente che non vuole smettere di pensare. Mai. Per quanto faticoso, triste, doloroso e inutile possa sembrare. Spesso.
3 commenti:
Bel libro davvero.
Ho aggiunto due righe di commento su un mio post. bye.
Eccolo.
Il pensiero è triste?
Non é un caso che tra le mie molteplici esperienze giovanili abbia trovato posto anche una sorta di "Yoga-fai-da-te" (nel senso che sono andato in libreria e ho comprato un manuale del tipo "l'arte della meditazione trascendentale" oppure "lo yoga in 20 lezioni", adesso non ricordo bene). Ricordo però il motivo per cui mi sono cimentato in questa nobile disciplina, cioè il raggiungimento del "Samadhi". Chi pratica Yoga e dintorni (Attilio!?!) perdonerà la mia ignoranza e l'approccio non molto "orientale" con questa filosofia, per gli altri aggiungo che il Samadhi si potrebbe definire come l'assoluta perdita di coscienza del proprio corpo e della propria mente (individuale), una sorta di fusione con l'universo, un senso di beatitudine e illuminazione che nessuna sostanza (legale e non), é in grado di indurre. L'unica esperienza simile che mi viene in mente é l'attimo in cui l'artista é totalmente rapito dalla propria creatura, oppure un orgasmo, ma più profondo e gioioso. E' la suprema felicità che deriva dalla pura esistenza, dimentichi di sé e dei propri fardelli.
Andrea
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